Ad agosto, Ali Bongo, allora presidente della nazione centrafricana del Gabon, fece una rivelazione sorprendente a un importante aiutante della Casa Bianca: durante un incontro nel suo palazzo presidenziale, Bongo ammise di aver segretamente promesso al leader cinese Xi Jinping che Pechino avrebbe potuto schierare militari forze armate sulla costa atlantica del Gabon. Allarmato, il principale vice consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jon Finer ha esortato Bongo a ritirare l’offerta, secondo un funzionario della sicurezza nazionale americano. Gli Stati Uniti considerano l’Atlantico il loro fronte strategico e vedono una presenza militare cinese permanente lì – in particolare una base navale, dove Pechino potrebbe riarmare e riparare navi da guerra – come una seria minaccia alla sicurezza americana. “Ogni volta che i cinesi iniziano a curiosare in un paese costiero africano, diventiamo ansiosi”, ha detto un alto funzionario americano. Lo scambio di armi tra Bongo e Finer a Libreville, la capitale del Gabon, è stato solo uno degli scontri nelle manovre della grande potenza tra Stati Uniti e Cina in Africa. La Cina sta conducendo una campagna dietro le quinte per assicurarsi una base navale sulle coste occidentali del continente, dicono i funzionari americani. E, da più di due anni, gli Stati Uniti stanno portando avanti uno sforzo parallelo per persuadere i leader africani a negare alla Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione un porto nelle acque dell’Atlantico.
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I potenziali rischi per la sicurezza di una nazione dovrebbero giustificare lo sforzo di influenzare le decisioni di un altro paese riguardo alla presenza militare straniera sul suo territorio?